• Febbraio

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    2024
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Il comportamento normale e la normalità

Il comportamento normale e la normalità

La definizione di comportamento normale o normalità e di conseguenza del suo contrario è stata messa in discussione già intorno alla metà del secolo scorso, eppure non ci siamo ancora liberati dal desiderio di adeguarci alla norma.

Spesso non ci rendiamo conto che il nostro concetto di comportamento normale e di normalità nasce dalla nostra storia, dal nostro vissuto. Il problema è che si tratta di un termine che ha diversi significati, anche se in inglese, in genere, quando ci chiediamo se siamo normali, vogliamo sapere se siamo nella media, come le altre persone.

In italiano il termine “normale” ha due significati che spesso si sovrappongono: può voler dire ” nella media”, ma anche “giusto”, “corretto”.

La stessa ambiguità esiste anche in inglese: nel linguaggio quotidiano, e a seconda del contesto, normale può significare nella media, comune, ma anche ideale. Il concetto di normalità però ha una vera e propria data di nascita. Si è cominciato a parlarne nel 1830, prima di allora si trattava semplicemente di un termine matematico per indicare un angolo retto, nel XIXº secolo si e’ cominciato a usarlo in medicina applicando la statistica alle caratteristiche umane.

Il ricercatore belga Adolphe Quetelet è stato il primo ad analizzare caratteristiche umane adottando i metodi statistici usati dagli astronomi ed è stato lui a scoprire che alcuni dati, come quelli relativi all’altezza o al peso, tendevano a distribuirsi in una curva a campana, nota anche come curva di Bell, un grafico che ne descrive la distribuzione normale.

Il problema è che si è cominciato a pensare che questa distribuzione valesse per qualunque categoria umana, come le competenze artistiche o i tratti di personalità e che fosse possibile individuare l’uomo medio costruendo un grafico basato sulle misure del torace di 5738 soldati scozzesi. Solo che col tempo si è arrivati alla convinzione che l’uomo medio non fosse solo lo standard dal punto divista fisico, ma anche l’ideale morale cui fare riferimento.

Dobbiamo tenere conto che questi calcoli si basavano sui dati disponibili, che in genere si riferivano a maschi europei. Quello che ne risultava era inevitabilmente un risultato parziale, ma gli studiosi partivano dall’assunto che “persone come loro” fossero il top della civilizzazione e quindi lo standard cui fare riferimento. Un concetto che in seguito è stato interpretato da molti scienziati in termini evolutivi, per mostrare la superiorità di alcuni gruppi etnici su altri. Una riflessione priva di fondamento che e’ servita a giustificare l’oppressione di alcuni gruppi etnici.

Un eclettico studioso cugino di Darwin: è stato lui il primo usare il termine ” distribuzione normale” per la curva di Bell e a coniare il termine eugenetica. In questo modo si passava dallo studio delle caratteristiche umane al tentativo di migliorare la specie promuovendo quelle considerate desiderabili: per esempio incoraggiando alcuni, le persone come lui, ad avere figli e scoraggiando a farlo chi si differenziava dalla media. Col tempo l’eugenetica ha legittimato l’idea di svalutare le persone che non rientravano nei criteri definiti in base a dati che si riferiscono agli europei bianchi di classe media.

Da qui sono nati pregiudizi ancora diffusi, ma si e’ anche aperta la porta ad azioni orrende come la sterilizzazione forzata di persone che non erano ritenute adeguate a procreare, ma anche l’imprigionamento o il genocidio di intere popolazioni. Il concetto di normalità ha permesso di interpretare la discriminazione razziale in base a criteri considerati scientifici.

Perchè siamo ossessionati dal desiderio di essere normali? Siamo animali sociali per cui e’ importante non essere soli, creare connessioni. L’ansia di non sentirsi diversi dagli altri dipende proprio dal desiderio di stabilire relazioni con chi sta intorno a noi ed inserirci in un gruppo.

Fin dalla nascita della psichiatria medica, all’inizio del XIXº secolo, la malattia mentale è stata diagnosticata in base al comportamento senza tenere conto delle diverse circostanze che possono influenzare le nostre azioni: alcuni comportamenti per esempio sono accettati da determinate culture e non da altre, pensiamo per esempio alla difficoltà di definire che cosa sia un’allucinazione, che può essere causata da una malattia mentale, ma anche da altri problemi o condizioni: abbiamo bisogno del contesto per capire.

Anche il modo di esprimere le emozioni può essere considerato o meno accettabile a seconda del contesto.

Per la cultura vittoriana esprimere emozioni come la commozione e la rabbia era considerato disdicevole, da primitivi, si insegnava a controllarle: in particolare le donne che esprimevano emozioni erano considerate squilibrate. In generale, ci comportiamo nel modo in cui siamo stati cresciuti e in base alle aspettative della nostra comunità.

La crescita e lo sviluppo dei bambini rappresentano una delle sfide più controverse alla definizione di comportamento normale: ci preoccupiamo che abbiano uno sviluppo intellettivo adeguato, che per decenni è stato misurato in base a test tutt’altro che oggettivi.

Ci sono bambini che si adattano meglio di altri al sistema educativo, ma spesso invece e’ la scuola che fa fatica ad adeguarsi ai diversi stili di apprendimento. Anche l’ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, è stato riconosciuto come patologia solo in certe epoche, anche in conseguenza all’espansione dell’industria farmaceutica.

Però una diagnosi di questo tipo e’ spesso servita a stigmatizzare i bambini di famiglie modeste o appartenenti a minoranze etniche: certamente ci sono bambini che hanno bisogno di un supporto extra ma molto dipende anche da altri fattori.

Lo stesso vale per i giudizi sul comportamento sessuale, basti pensare a come è cambiato in pochi anni, l’atteggiamento nei confronti dell’omosessualità. Quanto alla masturbazione, oggi considerata un comportamento normale, in genere diamo per scontato che in passato fosse condannata principalmente per ragioni morali, mentre si temeva anche che potesse essere un pericolo per la salute. Questo ci mostra quanto possano cambiare i giudizi su quello che può essere sano o meno. Sicuramente conoscere dati relativi alla salute dei cittadini e stabilire alcuni criteri è utile ma questo non significa che dobbiamo essere tutti uguali.  Anche Darwin scrive che l’umanità si è evoluta in gruppi, ma non necessariamente gruppi di uguali, perché in ogni società servono competenze e capacità diverse che permettono alla comunità di sopravvivere. Le differenze servono.

Liberamente tratto da Paola Emilia Cicerone

Ognuno di noi è il frutto della propria storia, ognuno ha le proprie ferite, nessuno escluso. Ciò che fa la differenza e’ esserne consapevoli, e avere fatto un lavoro su di sè per comprendere l’origine di quelle ferite, da dove arrivano, da cosa ci proteggiamo, a volte in modo esagerato e senza che sia presente un pericolo reale nel qui e ora. Spesso il pericolo è nel nostro mondo interno più che all’esterno.

Per questi motivi sarebbe più corretto dire che “da vicino nessuno è normale” 🙃😉

 

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