• Dicembre

    5

    2015
  • 2504
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SEPARAZIONE E DIVORZIO

SEPARAZIONE E DIVORZIO

Terapia Coppia Psicologo Milano Rossella Fumia

 

SITUAZIONI CONFLITTUALI.

LA SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE (PAS)

La separazione ed il divorzio comportano un’evoluzione delle relazioni familiari sul piano coniugale, su quello genitoriale e su quello riguardante l’ambiente esterno, la famiglia d’origine e gli amici.
Il principale compito che la famiglia separata si trova infatti ad affrontare è la riorganizzazione delle relazioni familiari a livello coniugale e genitoriale. Perche’ il conflitto tra i coniugi possa cessare e’ fondamentale che la coppia elabori la conclusione del proprio legame coniugale, mentre a livello genitoriale gli ex coniugi dovrebbero continuare a svolgere i ruoli di padre e madre, a riconoscersi come tali ed ad instaurare un rapporto di collaborazione e cooperazione per quanto attiene l’esercizio della genitorialità. Tuttavia questo spesso non accade ed il conflitto prosegue inducendo nel bambino una suddivisione dei propri genitori in un “genitore buono” e in un “genitore cattivo” (Patrocchi, 2005).
Tale conflittualità rende ciechi i genitori di fronte ai bisogni affettivi del figlio: la separazione dei genitori significa per il bambino avere un padre ed una madre che non si amano più e questo lo pone dinanzi al dilemma se sia giusto o meno continuare ad amare entrambi dal momento che loro non si amano più. Spesso i genitori, piu’ o meno consapevolmente, inducono il bambino ad effettuare una scelta tra di loro. Cio’ alimenta il disagio del bambino il quale si trova senza i suoi punti di riferimento a vivere e subire rapporti che non voleva e che non si aspettava e quindi si trova  a dover elaborare un lutto. In questi casi i genitori hanno bisogno di definirsi reciprocamente in modo negativo e chiedono in modo più o meno esplicito che anche il figlio definisca in modo negativo l’altro genitore.

Il perdurare del conflitto per molto tempo dopo la separazione e’ motivo di grande  stress sia per la coppia che per i figli che continuano ad essere coinvolti in dinamiche relazionali e genitoriali disfunzionali.
Il processo di separazione comporta percorsi riorganizzativi articolati in rapporto a variabili diverse, quali la storia intergenerazionale dei coniugi, l’età dei figli coinvolti, le risorse e le potenzialità di ogni singolo componente e la famiglia nel suo insieme.

Una delle evoluzioni più frequenti delle famiglie separate è la creazione di una famiglia monogenitoriale composta solitamente da madre e figlio/i, in quanto in genere il figlio viene affidato alla madre. Spesso il genitore non affidatario sparisce quasi completamente, o perche’ instaurando una nuova relazione sentimentale con l’intenzione di creare una famiglia con la nuova compagna si allontana dai figli o perche’ il genitore affidatario svaluta e denigra l’altro genitore agli occhi del figlio (quella che viene definita sindrome di alienazione genitoriale).
La famiglia conflittuale rappresenta un altro assetto della famiglia separata in cui gli ex coniugi non sono riusciti ad elaborare la conclusione del loro rapporto, anche se entrambi continuano a occuparsi dei figli. In genere la madre affidataria agisce il conflitto limitando il diritto di visita del padre, il quale da parte sua agisce altre strategie conflittuali, frequente la tendenza a non rispettare gli impegni economici (assegno di mantenimento, partecipazione alle spese scolastiche e mediche). Di conseguenza, molto spesso, i minori sono strumentalizzati dalla madre per avere soldi mentre il padre concede i soldi in funzione solo del rapporto quantitativo col figlio.
In tali casi vi è uno scarso margine di collaborazione in quanto la rabbia tra gli ex coniugi è così intensa che nessuno dei due può accettare i diritti dell’altro neanche come genitore: l’ex coniuge è semplicemente un nemico da eliminare dalla propria vita e da quella dei figli.
Gardner definisce la PAS (la sindrome da alienazione parentale) come un disturbo che insorge essenzialmente nel contesto di controversie per l’affidamento dei figli. La sua principale manifestazione e’ la campagna di denigrazione da parte del bambino nei confronti di un genitore, una campagna che non ha giustificazione e che deriva dall’associarsi del bambino alle opinioni di uno dei genitori che lo ha indottrinato.

L’elemento chiave sembra essere il personale contributo del bambino alla vittimizzazione del genitore denigrato.
La sindrome da alienazione parentale si delinea come una configurazione particolare di un sistema familiare altamente conflittuale. Nella maggior parte delle famiglie, ma non sempre, è la madre il genitore alienante e il padre la vittima.
Alcune tecniche messe in atto dal genitore alienante (Gulotta, 1998) sono la “sgenitorializzaione” dell’ex coniuge chiamandolo per nome; il manifestare comportamenti intrusivi durante le giornate che il minore trascorre con l’altro genitore ad esempio telefonando in continuazione; l’impedire all’ex coniuge di entrare in casa imponendogli di aspettare il figlio sotto casa; l’imporre al figlio il cognome del nuovo partner; etc.
Ogni genitore alienante può ricorrere all’uso di più tecniche, cio’ non implica necessariamente che il bambino si schieri con il genitore alienante soprattutto se possiede un livello di autonomia cognitiva, affettiva e sociale adeguata.
La sindrome è tipica dei figli adolescenti.

La sindrome da alienazione parentale inizia e viene mantenuta dal genitore affidatario il quale tenta in ogni modo di “demolire” il genitore bersaglio per raggiungere uno scopo: distruggere la relazione tra l’altro genitore ed il proprio figlio.
Gli effetti della sindrome da alienazione sui figli dipendono:

  •   Dalla severità delle tecniche di ‘demolizione’ utilizzate dal genitore affidatario
  •   Dal tipo di tecniche di lavaggio del cervello utilizzate
  •   Dall’intensità con cui vengono portate avanti queste tecniche
  •  Dall’età del figlio e dalla sua fase di sviluppo, oltre che dalle sue risorse personali
  •  Dalla quantità di tempo che i genitori hanno trascorso coinvolti nel conflitto coniugale.

L’impatto della sindrome non è mai benigno perché coinvolge strumentalizzazioni, manipolazione, rabbia, ostilità e malevolenza, a prescindere dal fatto che il genitore alienante ne sia più o meno consapevole. Ciò che si ottiene sui figli è sempre un grave lutto di una parte di sé. Alcuni figli continuano a sperare nella riunione dei genitori (come recupero della perduta infanzia), e in questi casi di alienazione si aggiunge la vergogna per aver volutamente perso un genitore. Quando i ragazzi alienati ricostruiscono l’accaduto finiscono per escludere anche il genitore alienante, rischiando una seconda perdita.

Il genitore denigrato passa dalla rabbia, alla protesta, alla confusione e alla depressione, in alcuni casi rinuncia a vedere i figli e a trascorrere un po’ di tempo con loro.

I ragazzi alienati che testimoniano contro il genitore denigrato successivamente proveranno forti sensi di colpa, cui si affiancheranno le paure di abbandono e della perdita dell’amore del genitore programmante. Spesso i figli escono da questa ambivalenza con strategie autodistruttive, autocolpevolizzanti e autolesioniste. Sembra inoltre che figli alienati tendano a diventare genitori alienanti. Questi ragazzi presentano quasi sempre disturbi dell’identità, spesso della sfera sessuale, e sono più vulnerabili alle perdite ed ai cambiamenti, regrediscono a livello morale e continuano a operare anche oltre l’adolescenza una netta divisione tra “bene” e “male”.

La sindrome da alienazione parentale è una sottocategoria specifica di alienazione parentale che è causata dall’associazione della alienazione parentale e dai contributi del figlio e si osserva quasi esclusivamente nel contesto di controversie legali sull’affidamento.

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