• Febbraio

    17

    2020
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La nostra casa … cio’ che racconta di noi

La nostra casa … cio’ che racconta di noi

La casa in cui abitiamo racconta tanto di noi in quanto la arrediamo in base all’immagine che abbiamo di noi stessi e a volte, inconsapevolmente, anche in base alla nostra storia familiare.

Tutti proiettiamo sulla nostra casa l’immagine del nostro corpo e allo stesso tempo costruiamo dentro di noi una rappresentazione mentale del nostro spazio abitabile. Si tratta di un doppio movimento di proiezione e di introiezione che secondo lo psicoanalista Eiguer ci permette di costruire una sorta di casa interiore, uno spazio su cui investiamo i nostri affetti e che contiene la storia della nostra famiglia. Alcuni luoghi e certi oggetti della casa conservano in misura maggiore rispetto ad altri le tracce di questa storia.

Se la stessa casa e’ abitata da piu’ persone, ognuno ne ha un’immagine diversa che e’ la personale rappresentazione mentale del proprio spazio abitabile che e’ associato al proprio corpo.

Il modo in cui occupiamo la nostra casa e ce ne occupiamo dice molto sulla nostra vita psichica. Gia’ Freud sosteneva che l’Io e’ prima di tutto un Io corporeo, l’Io corporeo si sviluppa prima dell’Io psichico.

Un simile concetto lo esprimeva anche Eiguer affermando che l’immagine del corpo sostiene l’essere, gli da’ una forza, una sicurezza e una fiducia senza cui non sarebbe possibile nessuna esperienza vitale.

La casa sarebbe per noi come una pelle psichica, un involucro rassicurante che ci contiene.

Basti pensare ai senza tetto in seguito a crisi familiari e disoccupazione, alle migrazioni causate da guerre e calamita’ naturali … non avere un tetto sotto cui vivere significa non avere un involucro di contenimento.

La memoria familiare si trasmette in modi diversi ma in particolare attraverso i luoghi. Il ricordo e la trasmissione di un luogo da una generazione all’altra avvengono spesso inconsciamente.

In alcuni luoghi ci si ferma apparentemente per caso per poi riconoscerli come familiari. Capita, ad esempio, cercando una casa al mare o in campagna per i fine settimana o per le vacanze estive o per andarci a vivere dopo la pensione, di innamorarsi di un luogo e di scoprire in un secondo momento che si tratta del paese di origine dei nonni. Cio’ accade a volte in quanto cercando un luogo per se stessi si riprende contatto con un luogo familiare.

L’eredita’ e’ un atto d’amore ma e’ anche un richiamo alla nostra particolare collocazione all’interno della propria storia familiare. Lasciare in eredita’ una casa implica anche una richiesta di continuita’.

Alcuni si sentono soffocare nel focolare domestico, pur avendone un bisogno viscerale; questa ambivalenza puo’ essere spiegata facendo riferimento alle figure di donna in cui la parte superiore del corpo e’ racchiusa in case a piu’ piani, rappresentate nei disegni e nelle sculture dell’artista Louise Bourgeois. Si puo’ vedere in questi lavori la rappresentazione triste della donna focolare  dopo la seconda guerra mondiale.

Le donne che coniugano la maternita’ con la vita professionale, artistica o intellettuale, come la stessa Louise Bourgeois, artista ma anche moglie e madre di tre figlie, trovano una fonte importante di ispirazione proprio nella sensazione di essere confinate in uno spazio che per quanto soffocante non smettera’ mai di essere anche un focolare, un luogo in cui ci si puo’ sentire protette, uno spazio che e’ il ricordo tangibile dell’infanzia.

Altri sono angosciati invece dall’idea di uscire dalla casa, concepita in questo caso nella connotazione di rifugio psichico, di luogo sicuro interno, ossia lo spazio in cui ci si puo’ ritirare per proteggersi da qualunque contatto emotivo ed evitare l’angoscia e la sofferenza.

Pensando alle persone che soffrono di fobia sociale o di delirio di persecuzione tali da impedire loro di uscire, si comprende che nella casa la difesa contro le aggressioni dall’esterno deve essere completata e garantita da una protezione contro le minacce interne che vengono proiettate nel mondo esterno. Questo, tutto sommato, e’ cio’ che ci si aspetta dal focolare domestico ed e’ cio’ che la madre sufficientemente buona offre al bambino, ossia lo protegge e lo contiene senza essere intrusiva.

Winnicott sosteneva che al centro del nostro essere, qualsiasi siano le nostre difficolta’, esiste il “nucleo calmo e silenzioso” del Se’, uno spazio isolato in cui non ci si arriva molto facilmente ma all’interno del quale sappiamo di poterci sentire bene anche se non possiamo comunicare molto di questo benessere a chi ci sta intorno.

Questo nucleo calmo e silenzioso in cui possiamo sentirci bene viene rappresentato simbolicamente dai bambini quando costruiscono tende e capanne in casa, sotto al tavolo, sul letto sotto gli ombrelli aperti, ma anche in giardino o nel bosco.

 

 

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