• Maggio

    24

    2019
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La famiglia del tossicodipendente

La famiglia del tossicodipendente

I genitori del tossicodipendente possono avere un ruolo fondamentale nell’aiutare i propri figli nella lotta contro la tossicodipendenza.

La complessita’ del fenomeno tossicodipendenza che e’ un comportamento autodistruttivo rende impossibile ogni generalizzazione diagnostica e il tentativo di individuare nella famiglia la causa della tossicodipendenza del figlio e’ pericoloso perche’ responsabilizzare i genitori impedisce agli stessi di utilizzare le loro energie per il recupero del figlio che richiede invece la loro partecipazione attiva.

La mancanza di una base sicura e’ il filo conduttore delle personalita’ che saranno piu’ facilmente esposte alla tossicodipendenza, sono le prime esperienze di attaccamento a determinare in buona misura molti comportamenti durante l’adolescenza o l’eta’ adulta.

La famiglia del tossicodipendente va rinforzata in modo che possa impegnarsi nel difficile lavoro di recupero.

La famiglia travolta dalla tossicodipendenza di un figlio puo’ assumere il ruolo di rifugio o di risorsa.

Diventare rifugio per il figlio tossicodipendente significa offrire al figlio una protezione che avrebbe avuto un ruolo prezioso se fosse stato svolto nel passato ma che rivolto ad un figlio diventato tossicodipendente lo invischia maggiormente nella sua condizione trasformando i genitori in complici involontari.

Diventare risorsa, invece, significa attivarsi svolgendo una fondamentale funzione di contenimento facendo osservare al figlio le regole della psicoterapeuta e collaborare lealmente con lei, superare la tentazione di assecondare ed essere accondiscendenti nei confronti del figlio, piuttosto se necessario rendergli la vita difficile e quasi impossibile drogarsi, mantenendo al tempo stesso il controllo e la pazienza.

Mantenere un assetto mentale e di conseguenza un atteggiamento di questo tipo non e’ semplice ma neanche irrealizzabile, naturalmente e’ indispensabile che la famiglia sia aiutata concretamente.

Una famiglia si trasforma in un comodo rifugio quando accetta per ingenuita’ o per speranza le spiegazioni manipolatorie e strumentali del figlio sulla propria tossicodipendenza o le sue giustificazioni sulla scomparsa di denaro o di altri oggetti e ancora quando permette al figlio di scegliere i tempi e i modi della psicoterapia consapevole del fatto che il percorso psicoterapeutico sara’ caratterizzato da fughe e abbandoni.

Una famiglia si trasforma in rifugio se condivide fiduciosamente l’attesa di un impiego lavorativo nella speranza che rappresenti la salvezza per il figlio tossicodipendente mentre potrebbe essere un’arma a doppio taglio aiutando il figlio a simulare una normalita’ fittizia senza proteggerlo dalla tossicodipendenza, il lavoro piuttosto e’ fondamentale dopo la cura.

Una famiglia si trasforma in rifugio se non ha il coraggio e la fermezza di chiedere regolarmente l’esame delle urine, per timore delle reazioni del figlio tossicodipendente.

Al contrario trasformarsi in risorsa e’ una scelta piu’ difficile e dolorosa, in quanto richiede ai genitori che riescano a contenere le proprie emozioni, a gestire la rabbia per non favorire acting out, preservando al tempo stesso la capacita’ di esprimere i sentimenti positivi. La scelta di essere risorsa per il figlio tossicodipendente richiede ai genitori altresi’ che sappiano manifestare comprensione e tenerezza evitando ogni atteggiamento indifferente o distaccato, che siano presenti anche quando non vorrebbero, che non concedano anche quando sarebbe la scelta piu’ semplice.

Trasformarsi in risorsa richiede inoltre ai genitori coraggio nel vivere e nel sentire la sofferenza del figlio senza intervenire, perche’ solo attraverso la sofferenza il figlio puo’ uscire dalla tossicodipendenza.

Non si tratta di sofferenza fisica alla quale e’ importante porre rimedio ma di una sofferenza dell’anima, dell’angoscia che il tossicodipendente ha dentro di se’ che viene occultata, distorta ed anestetizzata dalle sostanze stupefacenti e che invece il tossicodipendente deve affrontare. Essere risorsa permette ai genitori del tossicodipendente di essere consapevoli della possibilita’ che il figlio entri in contatto profondamente con il suo dolore antico e negato e di attendere e sopportare i momenti piu’ strazianti, assumendo semplicemente un atteggiamento empatico senza momenti di fragilita’ e di cedimento che vanificherebbero il cammino percorso fino a quel momento.

Dove prevalgono atteggiamenti di rassegnazione, di sfiducia o di rifiuto significa che i genitori sono oppressi da pesanti sensi di colpa ed al tempo stesso, in modo difensivo, negano gli errori commessi. Per tale motivo questi genitori sentono il bisogno di risarcire il figlio tossicodipendente che li induce, seppure non intenzionalmente, ad accettare la sua tossicodipendenza.

Se nella prima fase del lavoro di recupero, il figlio tossicodipendente trova rifugio nella sua famiglia, il percorso di recupero sara’ piu’ difficile e richiedera’ tempi piu’ lunghi in quanto il sostegno della famiglia e’ fondamentale nel momento che precede l’inserimento nella comunita’ terapeutica o in gruppi terapeutici al fine di rendere possibile l’inserimento stesso.

Pertanto i ruoli della famiglia del tossicodipendente rispettivamente come rifugio o come risorsa sono due opposti non conciliabili.

Nella famiglia come rifugio si e’ in presenza di situazioni radicate e cristallizzate nel tempo dove i ruoli sono fissi ed i personaggi recitano dalla notte dei tempi lo stesso copione.

Nella famiglia come risorsa il lavoro di recupero del tossicodipendente e’ appassionante in quanto si costruisce insieme anche ai vari operatori coinvolti una trama amorosa da cui il tossicodipendente possa essere contenuto e ricondotto alla vita. Si alternano momenti di entusiasmo ad altri di sconforto, ma la psicoterapeuta e gli operatori della comunita’ o del gruppo possono contenere la depressione e alimentare le speranze, aiutando sia i genitori che il figlio tossicodipendente.

Quello con la famiglia risorsa e’ un percorso in cui si mette in discussione il passato, si rievocano emozioni lontane represse o negate, si rivivono momenti di dolore, di gioia, di solitudine ‘ripensandoli’ con l’aiuto della psicoterapeuta e degli altri operatori coinvolti nel percorso di recupero.

 

 

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