• Aprile

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    2020
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Il pianto. Il ruolo delle differenze socioculturali, di genere e di personalita’

Il pianto. Il ruolo delle differenze socioculturali, di genere e di personalita’

Darwin ha individuato per primo nel 1872 il carattere adattativo del pianto, considerato un segnale di allarme come le grida o le richieste d’aiuto angoscianti che i piccoli di ogni specie animale emettono quando si sentono minacciati da una situazione di pericolo. La lacrimazione rappresenta un aspetto importante ma non l’unico del pianto.

Il pianto e’ uno dei piu’ importanti segnali non verbali a disposizione del bambino per comunicare un determinato tipo di disagio. Si possono identificare tre modelli diversi di pianto, quello per fame, quello per dolore e il pianto per collera. Ogni tipo di pianto ha un’intensita’ e un ritmo specifici, determinati stimoli scatenanti ed inibenti e differenti effetti sulla madre e sulle persone circostanti. Questa funzione comunicativa del pianto tipica del primo anno di vita si riduce significativamente con l’acquisizione del linguaggio verbale via via che il bambino e’ in grado di usare un sistema di comunicazione piu’ complesso.

Tuttavia il pianto, come altri segnali non verbali ad esempio il sorriso, lo sguardo, i gesti, le espressioni facciali, continua ad essere parte integrante della comunicazione non verbale nell’adulto, con la funzione di esprimere e condividere un vissuto emotivo. Alcune volte la funzione comunicativa del pianto porta ad allentare una tensione accumulata, altre volte e’ finalizzata a modificare l’interazione tra due persone trasformando una situazione di conflitto in una richiesta di aiuto.

Le situazioni che inducono piu’ frequentemente al pianto sono i funerali, la rottura di relazioni sentimentali e la visione di film drammatici. In una ricerca sono state intervistate delle persone, il 50% ha affermato di sentirsi psicologicamente meglio dopo aver pianto, solo il 20% ha sostenuto di sentirsi meglio fisicamente. Dopo aver pianto, le persone si sentono piu’ rilassate, piu’ sollevate e meno tristi.

Le donne piangono spesso in situazioni di conflitto, gli uomini soprattutto quando subiscono una perdita o vedono soffrire altre persone. Le emozioni piu’ frequentemente associate al pianto sono la tristezza e la sensazione di impotenza. Le donne associano piu’ spesso rispetto agli uomini il pianto ad emozioni negative e piu’ facilmente si ritengono responsabili del pianto, mentre gli uomini attribuiscono piu’ facilmente la responsabilita’ ad un’altra persona. Il 45% delle donne intervistate ha sostenuto che il ciclo mestruale influenza la tendenza a piangere, soprattutto i giorni precedenti e quelli successivi al flusso mestruale.

Nell’adulto il pianto spesso indica emozioni molto intense, piu’ spesso negative, rendendo manifesto un disagio, una sofferenza emotiva piuttosto che fisica a differenza del bambino. Nell’adulto le occasioni di pianto mettono in luce una maggiore complessita’ strutturale.

L’espressione emotiva non puo’ essere scissa dai suoi aspetti regolativi. La regolazione delle emozioni non coincide con una semplice inibizione espressiva. Maturando l’individuo apprende a fare qualcosa di piu’ che nascondere i propri sentimenti, apprende ad esprimerli trasmettendo agli altri la complessita’ di sfumature di significato molto piu’ articolate di quelle trasmesse dal pianto del bambino.

Anche nell’adulto esistono diversi tipi di pianto e differenti situazioni che li stimolano. Bindra nel 1972 ha distinto 4 tipi di pianto in base all’intensita’ espressiva. Nel primo tipo la reazione di pianto puo’ essere quasi totalmente soppressa e dare vita solo ad una sensazione di nodo alla gola; nel secondo tipo il pianto puo’ manifestarsi in modo piu’ evidente con gli occhi lucidi, pieni di lacrime che tuttavia non scivolano sulle guance. Nel terzo tipo il pianto si manifesta con una reazione ancora piu’ intensa con le lacrime che sgorgano dagli occhi rigando il volto; il quarto tipo e’ il pianto piu’ completo dove un’abbondante lacrimazione e’ associata a profondi singhiozzi e gemiti che fanno sussultare la gabbia toracica.

La durata e la frequenza del pianto possono essere variabili e possono contribuire all’intensita’ della reazione espressiva. Il pianto dura di solito pochi minuti, solo il 10% delle persone sostiene di aver pianto per piu’ di un’ora consecutivamente.

Il fatto che le donne piangano piu’ degli uomini dipende sia da cause biologiche, nelle donne infatti e’ piu’ elevata la produzione di prolattina, un ormone che abbassa la soglia di resistenza al pianto, sia da fattori socioculturali che portano ad una differenziazione di genere nell’espressione delle emozioni. Culturalmente infatti nella maggior parte dei paesi occidentali impera l’immagine tradizionale dell’uomo che non deve piangere e quella della donna che non deve manifestare apertamente la propria rabbia.

Le differenze biologiche non devono ridimensionare il ruolo delle differenze culturali. Rispetto al passato, tuttavia, gli uomini piangono molto di piu’. La ragione va ricercata nella maggiore consapevolezza che l’individuo, sia l’uomo che la donna, ha della propria esperienza emozionale e delle proprie reazioni emotive.

Un’elevata frequenza del pianto in una persona puo’ avere molteplici significati, puo’ indicare un rapporto perturbato con l’ambiente ma puo’ significare anche una buona capacita’ di vivere e regolare le proprie emozioni, indicando in questo caso l’impiego di adeguate strategie di coping. Le ricerche condotte sulla relazione tra pianto e benessere psicofisico risentono di questi significati opposti tra loro attribuiti al pianto, risentono del fatto che in ambito clinico il pianto a volte e’ stato considerato positivamente altre volte come un indicatore negativo.

Esprimere le proprie emozioni rispetto al non esprimerle e’ un indicatore importante di salute sul piano psico-affettivo, soprattutto nel lungo termine, per il pianto non si puo’ affermare con certezza la stessa cosa. E’ difficile dire fino a che punto, il pianto, nell’adulto, rappresenti una reale capacita’ regolativa dell’espressione delle emozioni che si traduce nella capacita’ di trasformare l’esperienza emotiva in pensiero. In alcuni casi il pianto e’ uno stile di coping, pertanto puo’ essere considerato positivo, in altri casi invece e’ un elemento negativo o perfino un comportamento manipolatorio.

 

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