• Luglio

    31

    2017
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I farmaci antidepressivi e l’effetto placebo. Il percorso psicoterapeutico che cura.

I farmaci antidepressivi e l’effetto placebo. Il percorso psicoterapeutico che cura.

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La storia della medicina e’ anche una storia di errori che si sono ripetuti nei secoli.

Solo le ricerche controllate con il placebo ci forniscono prove relativamente sicure e queste in medicina sono state condotte tardi permettendo di salvare molte vite. La prima ricerca controllata con il placebo e’ stata pubblicata nel 1948.

Tali ricerche consistono nel dividere a caso un gruppo di pazienti in due sottogruppi: a uno si somministra il farmaco, all’altro un placebo, una sostanza inerte dello stesso colore, sapore e forma del farmaco, si paragonano i risultati con un’unica scala di valutazione. Le somministrazioni devono essere in doppio cieco, ossia i pazienti ed anche i medici non conoscono qual e’ il farmaco e qual e’ il placebo per evitare che le aspettative inconsce possano influenzare il risultato. Il doppio cieco serve proprio per controllare l’effetto placebo che e’ molto alto in tutte le terapie.

Le ricerche controllate sull’efficacia dei farmaci antidepressivi indicano che tanti pazienti depressi sarebbero migliorati ugualmente se al posto degli antidepressivi avessero assunto un placebo. Un dato questo che emerge in modo sempre più evidente e chiaro da ripetuti studi controllati in modo rigoroso che mostrano quanto nella terapia della depressione la relazione interpersonale tra medico e paziente sia più efficace del farmaco.

Uno dei primi ricercatori che mostrarono la poca efficacia dei farmaci antidepressivi e’ stato Irving Kirsch il quale si rivolse all’ente federale americano che controlla l’approvazione dei farmaci e chiese di poter vedere tutti gli studi controllati condotti per l’approvazione degli antidepressivi prescritti più frequentemente.

Kirsch trovo’ che il miglioramento dovuto al placebo aveva una dimensione pari all’82% e quindi che solo il 18% della risposta positiva era dovuta agli antidepressivi. Pertanto se e’ vero che l’effetto degli antidepressivi si aggiunge all’effetto placebo aumentandone l’efficacia,  lo fa in una misura clinicamente insignificante.

Gran parte di questi dati non era mai stata pubblicata.

Inoltre Kirsch dimostro’ che non vi e’ un aumento di efficacia parallelamente all’aumento della dose, altro dato che depone in favore dell’ipotesi che l’efficacia degli antidepressivi sia dovuta principalmente all’effetto placebo.

Lo studio di Kirsch riportava dati medi per cui e’ possibile che un antidepressivo sia molto efficace con determinati pazienti ad esempio con pazienti con una depressione grave. Tuttavia tale ricerca ha dimostrato che anche i pazienti con una depressione grave, pur essendo più sensibili all’effetto del farmaco, traggono un importante vantaggio dal placebo.

La stabilità della risposta al farmaco non e’ maggiore di quella al placebo anzi all’uso del farmaco seguono maggiori ricadute depressive.

Il doppio cieco nel caso degli antidepressivi e’ spesso falso poiché gli effetti collaterali del farmaco si conoscono bene pertanto molti pazienti, accorgendosi che non e’ un placebo, migliorano per questo motivo.

Per tale ragione, il fatto che in psichiatria gli studi controllati non siano basati su un doppio cieco effettivo preoccupa molti ricercatori.

Moncrieff, Wessely e Hardy in uno studio pubblicato nel 2004 hanno voluto verificare quanto fosse effettivo il doppio cieco nelle ricerche sugli antidepressivi. I pazienti assumevano un placebo attivo ossia un placebo che mima anche gli effetti collaterali dell’antidepressivo. Dallo studio e’ emerso che il risultato positivo, già molto piccolo, si riduce più della metà.

Nessuno ha messo in dubbio queste scoperte. Alcuni ricercatori hanno perfino riconosciuto che quello che aveva scoperto Kirsch era il loro “piccolo sporco segreto” (“dirty little secret”).

Come mai i lavori che riportano gli effetti negativi o nulli del farmaco raramente vengono pubblicati?

Il punto e’ che le case farmaceutiche finanziano quasi tutte le ricerche sui farmaci e per loro non e’ vantaggioso che i soldi investiti vengano utilizzati per una pubblicità negativa dello stesso farmaco che stanno cercando di lanciare sul mercato. In molti casi viene addirittura spiegato nel contratto che la casa farmaceutica può impedire la pubblicazione di una ricerca sfavorevole. Come sosteneva Balint già nel 1956, si può avanzare l’ipotesi che per un numero significativo di pazienti che soffrono di depressione gli antidepressivi funzionino in buona misura grazie all’effetto placebo.

Pertanto, come ci insegnava Balint, una pratica psichiatrica basata esclusivamente sull’uso di farmaci fa parte di una cultura medica basata su una concezione antiscientifica della malattia che trascura l’importanza del rapporto interpersonale e dell’ascolto del racconto del paziente. Gli studi controllati hanno dimostrato in modo inconfutabile l’importanza del rapporto interpersonale e del percorso psicoterapeutico.

I risultati di questi studi che evidenziano la scarsa efficacia degli antidepressivi dimostrano quanto sia importante il ruolo degli psichiatri come persone.

Come sosteneva Balint e’ anche lo psichiatra un importante farmaco.

Nella depressione la funzione della psicoterapia certamente non e’ inferiore ai farmaci anzi spesso e’ anche più efficace perché porta a un minor numero di ricadute.

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