• Luglio

    19

    2019
  • 2120
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Ascoltare in modo empatico nella comunicazione con i bambini

Ascoltare in modo empatico nella comunicazione con i bambini

Ascoltare in modo empatico implica una buona disposizione e spirito di osservazione in quanto il linguaggio verbale e’ sempre arricchito anche dal linguaggio non verbale che comunica emozioni, stati d’animo e rende piu’ espressive le parole che pronunciamo.

Spesso i motivi che ostacolano la capacita’ di ascoltare in modo empatico possono essere pratici e dipendono dallo stile di vita o sono di natura psicologica ossia legati alle caratteristiche individuali, alle attese e alle convinzioni personali.

I motivi pratici sono in gran parte collegati ai ritmi di vita degli adulti, agli impegni di lavoro, agli spostamenti, alle trasferte.

Sia nel comunicare che nell’ ascoltare tendiamo a seguire i nostri tempi che sono diversi da quelli dei bambini i quali per poter comunicare hanno bisogno di tempi piu’ rilassati e di sentire che c’e’ una reale disponibilita’ all’ascolto.

A volte quando sentono che questa disponibilita’ non c’e’, che l’adulto e’ distratto e ha la mente concentrata su altro, smettono di parlare. Il mutismo dei figli nell’infanzia e nell’adolescenza spesso e’ legato alla sensazione sperimentata che sia inutile parlare.

Anche le problematiche affettivo-psicologiche degli adulti influiscono sulla loro capacita’ di ascoltare in modo empatico.

Tali problematiche possono portare gli adulti a trovarsi in difficolta’ nell’affrontare determinati argomenti come la violenza, il sesso, la morte o ad aver bisogno di avere sempre ragione soprattutto nel rapporto con i figli, cosi’ diventa estremamente difficile ascoltare gli altri in quanto il pensiero principale e’ quello di imporre il proprio punto di vista, la propria volonta’ o i propri desideri.

Le problematiche affettivo-psicologiche possono indurre ad interpretare i comportamenti degli altri sulla base delle proprie necessita’ o a proiettare sugli altri i propri vissuti, le proprie parti fragili, i propri desideri o le proprie paure.

Puo’ accadere ad esempio che un papa’ veda nel figlio un campione di nuoto, cio’ che avrebbe desiderato essere lui, e questo lo induce ad incitare il figlio in modo pressante verso uno sport per cui il figlio probabilmente non e’ portato e a nutrire delle aspettative poco realistiche che ogni volta che vengono disattese inducono il papa’ ad umiliare il figlio senza rendersi conto dei suoi talenti in altri ambiti, differenti dal nuoto.

Nutrire dei sogni per i propri figli non e’ un fatto negativo di per se’, e’ piuttosto naturale che un genitore nutra dei desideri e delle aspirazioni per i figli e che li guidi e li aiuti ad orientarsi soprattutto in un mondo complicato dove i figli rischiano di confondersi e di perdersi, ma volere realizzare a tutti i costi i propri sogni attraverso i figli come se questi fossero un proprio prolungamento piuttosto che persone diverse con una propria identita’, sogni e desideri propri e’ dannoso per la loro crescita ai fini del processo di separazione-individuazione. In questo modo inoltre i figli diventano il contenitore delle proiezioni del genitore piuttosto che poter vedere nel proprio genitore un contenitore che li aiuti ad elaborare la loro dimensione emotiva, si assiste cosi’ ad un ribaltamento di ruoli ed i figli rischiano di crescere emotivamente instabili. Ad alcuni genitori puo’ capitare di dimenticare il figlio reale per inseguire il sogno del figlio ideale che si ha in mente.

La capacita’ di ascoltare in modo empatico puo’ essere ostacolata dalla difficolta’ di negare qualcosa ai figli anche quando sarebbe necessario farlo, si finisce cosi’ per cedere. In questi casi e’ troppo doloroso per il genitore sentirsi disapprovato o non poter essere in totale sintonia con i figli, pertanto non riesce a dire loro di no per il suo bisogno di sentirsi amato in ogni momento. E’ importante invece tenere presente che i risultati positivi di un buon intervento educativo si vedono nel lungo tempo piuttosto che nell’immediato. I figli hanno bisogno di genitori che siano anche normativi, hanno bisogno anche di ricevere dei no in quanto rappresentano un contenimento e li rendono piu’ forti in quanto apprendono a tollerare la frustrazione dell’attesa rispetto al soddisfacimento di una richiesta o a tollerare la frustrazione legata al mancato soddisfacimento di una richiesta se non e’ sana per il loro sviluppo.

Ascoltare in modo empatico implica non imporre ai bambini i tempi troppo veloci degli adulti che spesso non consentono la comunicazione. E’ importante, inoltre, favorire dei momenti di comunicazione in cui ci si ascolta, si legge insieme o si guarda un cartone animato e lo si commenta.

La conversazione di un bambino puo’ essere svalutata in vari modi da noi adulti senza che ce ne rendiamo conto consapevolmente, ad esempio non rispondendo alle sue domande, interrompendolo spesso, banalizzando cio’ che racconta o prendendolo in giro per i suoi errori, prendendo alla lettera le sue parole senza andare oltre e ‘leggere’ cio’ che si nasconde dietro quelle parole, o ancora rispondendo al suo posto senza dargli il tempo di farlo ed inviandogli cosi’ il messaggio implicito che non sa e/o non e’ capace.

Ascoltare in modo empatico implica invece il limitarsi ad ascoltare consentendo ai contenuti latenti della comunicazione di emergere. Chi si confida non cerca immediatamente consigli ma qualcuno che ascoltando gli consenta di tradurre in parole pensieri ed emozioni, una condizione che spesso aiuta a trovare autonomamente una spiegazione o una soluzione.

Ascoltare in modo empatico puo’ essere anche un ascolto piu’ attivo in cui il genitore che ascolta riformula il messaggio con parole che aiutano il suo interlocutore a chiarire e a orientare il proprio pensiero o traduce in parole i sentimenti del figlio. Si tratta di forme di comunicazione supportanti ma non direttive utilizzate anche nel percorso psicoterapeutico.

Infine e’ importante anche rivolgere domande ai figli pazientando e lasciando loro il tempo di pensare per stimolarne l’immaginazione o indurli a ragionare, una sorta di dialogo maieutico come faceva Socrate con i suoi allievi.

 

 

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